Laggiù, verso la valle, la campana di San Giovanni suonava la messa grande, accompagnata dal lungo crepitìo dei mortaletti. Allora il campo della fiera sembrava trasalire, e correva un gridìo che si prolungava fra le tende dei trecconi schierate nella salita dei Galli, scendeva per le vie del paese, e sembrava ritornare dalla valle dov'era la chiesa. - Viva San Giovanni! - Santo diavolone! - strillava il fattore, - quell'assassino di Jeli mi farà perdere la fiera! -
Le pecore levavano il muso attonito, e si mettevano a belare tutte in una volta, e anche i buoi facevano qualche passo lentamente, guardando in giro, con grandi occhi intenti.
Il fattore era così in collera perché quel giorno dovevasi pagare il fitto delle chiuse grandi, “come San Giovanni fosse arrivato sotto l'olmo”, diceva il contratto, e a completare la somma si era fatto assegnamento sulla vendita dei puledri. Intanto di puledri, e cavalli, e muli, ce n'erano quanti il Signore ne aveva fatti, tutti strigliati e lucenti, e ornati di fiocchi, e nappine, e sonagli, che scodinzolavano per scacciare la noia, e voltavano la testa verso ognuno che passava, come aspettassero un'anima caritatevole che volesse comprarli.
- Si sarà messo a dormire, quell'assassino! - seguita a gridare il fattore; - e mi lascia i puledri sulla pancia! -
Invece Jeli aveva camminato tutta la notte, acciocché i puledri arrivassero freschi alla fiera, e prendessero un buon posto nell'arrivare, ed era giunto al piano del corvo che ancora i tre re non erano tramontati, e luccicavano sul monte Arturo, colle braccia in croce.
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