- Ora che abbiamo perso la roba, chi vuoi che mi sposi? -
Mara andava sminuzzando uno sterpolino di pruno, mentre parlava, col mento sul seno, e gli occhi bassi, e col gomito stuzzicava un po' il gomito di Jeli, senza badarci. Ma Jeli, cogli occhi sulla zangola anche lui, non rispondeva nulla; sicché ella riprese:
- A Tebidi dicevano che saremmo stati marito e moglie, lo rammenti?
- Sì, - disse Jeli, e posò la cazza sull'orlo della zangola. - Ma io sono un povero pecoraio, e non posso pretendere alla figlia di un massaro come sei tu -.
La Mara rimase un pochino zitta e poi disse:
- Se tu mi vuoi, io per me ti piglio volentieri.
- Davvero?
- Sì, davvero.
- E massaro Agrippino cosa dirà?
- Mio padre dice che ora il mestiere lo sai, e tu non sei di quelli che vanno a spendere il loro salario, ma di un soldo ne fai due, e non mangi per non consumare il pane, così arriverai ad aver delle pecore anche tu, e ti farai ricco.
- Se è così, - conchiuse Jeli, - ti piglio volentieri anch'io.
- To'! - gli disse Mara, come si era fatto buio, e le pecore andavano tacendosi a poco a poco, - se vuoi un bacio adesso te lo do, poiché saremo marito e moglie -.
Jeli se lo prese in santa pace, e non sapendo che dire aggiunse:
- Io t'ho sempre voluto bene, anche quando volevi lasciarmi pel figlio di massaro Neri... - Ma non ebbe cuore di dirgli di quell'altro.
- Non lo vedi? eravamo destinati! - conchiuse Mara.
Massaro Agrippino infatti disse di sì, e la gnà Lia mise insieme presto un giubbone nuovo, e un paio di brache di velluto per il genero.
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