- Lasciamo stare la festa, - disse il vicepretore, - se no, nasceranno degli altri guai.
- I guai nasceranno se si fanno di queste prepotenze, che uno non è più padrone di spassarsela come vuole, spendendo i suoi denari! - esclamò Bruno il carradore.
- Io me ne lavo le mani. Gli ordini del governo sono precisi. Se fate la festa mando a chiamare i carabinieri. Io voglio l'ordine.
- Dell'ordine rispondo io - sentenziò il sindaco, picchiando in terra coll'ombrella, e girando lo sguardo intorno.
- Bravo! come se non si sapesse che chi vi tira i mantici in Consiglio è vostro cognato Bruno! - ripicchiò il vicepretore.
- E voi fate l'opposizione per la picca di quella contravvenzione del bucato che non potete mandar giù!
- Signori miei! signori miei! - andava raccomandando il delegato. - Così non facciamo nulla.
- Faremo la rivoluzione, faremo! - urlava Bruno colle mani in aria.
Per fortuna, il parroco aveva messo in salvo, lesto lesto, le chicchere e i bicchieri, e il sagrestano era corso a rompicollo a licenziare la banda, che, saputo l'arrivo del delegato, accorreva a dargli il benvenuto, soffiando nei corni e nei tromboni.
- Così non si fa nulla! - borbottava il delegato; e gli seccava pure che le messi fossero già mature, di là delle sue parti, mentre ei se ne stava a perdere il suo tempo con compare Bruno e col vicepretore, che volevano mangiarsi l'anima.
- Cos'è questa storia della contravvenzione pel bucato?
- Le solite prepotenze. Ora non si può sciorinare un fazzoletto da naso alla finestra, che subito vi chiappano la multa.
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