Allora, bruscamente, aggiustandosi sull'omero la scollatura della veste, con un leggiadro movimento della spalla, disse piano a Polidori, così piano che il fruscio della seta coprì quasi il suono della voce:
- Sia pure, domani alle nove, ai Giardini -.
Polidori s'inchinò profondamente e la lasciò passare, raggiante e commossa, al braccio del marito.
Giammai mattino di primavera non era sembrato così misteriosamente bello alla signora Rinaldi nella sua villa deliziosa della Brianza, e giammai ella non l'avea contemplato con occhio più distratto attraverso al cristallo scintillante del suo coupé, come quando il suo legnetto attraversava rapidamente la piazza Cavour. Il sole inondava i viali del giardino, caldo e dorato, sull'erba che incominciava a rinverdire; l'azzurro del cielo era profondo. Coteste impressioni, ad insaputa di lei, riverberavansi nei suoi grandi occhi neri, che guardavano lontano, non sapeva ella stessa dove, né che cosa, mentre appoggiava la mano e la fronte pallida alla manopola. Di tanto in tanto un brivido la faceva stringere nelle spalle, un brivido di stanchezza o di freddo.
Appena la carrozza si fermò al cancello, ella trasalì, e si tirò indietro vivamente, quasi suo marito si fosse affacciato all'improvviso allo sportello. Esitò alquanto prima di scendere, colla mano sulla maniglia pensando vagamente a quell'aspetto nuovo, sotto cui le si affacciava alla mente suo marito; poi mise il piede a terra e si calò il velo sul viso: un velo fitto, nero, tempestato di puntini, attraverso al quale gli occhi acquistavano alcunché di febbrile, e i lineamenti una rigidità di fantasma.
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