Ma il Reverendo trovò il modo di aggiustare la lite col barone, dividendosi da buoni amici fra di loro la casa di curatolo Arcangelo, e poiché costui ci aveva anche quest'altra servitù, gli ridusse il prezzo di un buon quarto.
Nina, la figlia di curatolo Arcangelo, come dovevano lasciare la casa e andarsene via dal paese, non finiva di piangere, quasi ci avesse avuto il cuore attaccato a quei muri e a quei chiodi delle pareti. Suo padre, poveraccio, tentava di consolarla come meglio poteva, dicendole che laggiù, nelle grotte del Carramone, ci si stava da principi, senza vicini e senza acchiappaporci. Ma le comari, che sapevano tutta la storia, si strizzavano l'occhio fra di loro borbottando:
- Al Carramone il signorino non potrà più andarla a trovare, di sera, quando compare Arcangelo è colle sue pecore. Per questo la Nina piange come una fontana -.
Come lo seppe compare Arcangelo cominciò a bestemmiare e a gridare: - Scellerata! adesso con chi vuoi che ti mariti? -
Ma la Nina non pensava a maritarsi. Voleva soltanto continuare a stare dov'era il signorino, che lo vedeva tutti i giorni alla finestra, appena si alzava, e gli faceva segno se poteva andare a trovarla la sera. In tal modo la Nina c'era cascata, col veder tutti i giorni alla finestra il signorino, che dapprincipio le rideva, e le mandava i baci e il fumo della pipa, e le vicine schiattavano d'invidia. Poscia a poco a poco era venuto l'amore, talché adesso la ragazza non ci vedeva più dagli occhi, e aveva detto chiaro e tondo a suo padre:
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