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      ... E “Ammazzamogli” sulla porta dell'osteria buia e deserta pensava che per quelli lì la malaria non ci era.
      Infine quando non poté pagar più l'affitto dell'osteria e dello stallazzo, il padrone lo mandò via dopo 57 anni che c'era stato, e “Ammazzamogli” si ridusse a cercar impiego nella ferrovia anche lui, e a tenere in mano la bandieruola quando passava il treno.
      Allora stanco di correre tutto il giorno su e giù lungo le rotaie, rifinito dagli anni e dai malanni, vedeva passare due volte al giorno la lunga fila dei carrozzoni stipati di gente; le allegre brigate di cacciatori che si sparpagliavano per la pianura; alle volte un contadinello che suonava l'organetto a capo chino, rincantucciato su di una panchetta di terza classe; le belle signore che affacciavano allo sportello il capo avvolto nel velo; l'argento e l'acciaio brunito dei sacchi e delle borse da viaggio che luccicavano sotto i lampioni smerigliati; le alte spalliere imbottite e coperte di trina. Ah, come si doveva viaggiar bene lì dentro, schiacciando un sonnellino! Sembrava che un pezzo di città sfilasse lì davanti, colla luminaria delle strade, e le botteghe sfavillanti. Poi il treno si perdeva nella vasta nebbia della sera, e il poveraccio, cavandosi un momento le scarpe, seduto sulla panchina, borbottava: - Ah! per questi qui non c'è proprio la malaria! -
     
     
      GLI ORFANI
     
      La piccina si affacciò all'uscio, attorcigliando fra le dita la cocca del grembiale, e disse:
      - Sono qua -.
      Poi, come nessuno badava a lei, si mise a guardare peritosa ad una ad una le comari che impastavano il pane, e riprese:


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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