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      Ancora un po' e si mangia anche la terza, e si pappa tutta quanta la roba di curatolo Nino.
      - Ma cotesta bambina è figlia di comare Nunzia, oppure della prima moglie?
      - È figlia della prima. A quest'altra le voleva bene come fosse sua mamma davvero, perché l'orfanella era anche sua nipote -.
      La piccina, udendo che parlavano di lei, si mise a piangere cheta cheta in un cantuccio, per sfogarsi il cuor grosso, che aveva tenuto a bada giocherellando col grembiale.
      - Vien qua, vien qua, - riprese comare Sidora. - La focaccia è bell'e pronta. Via, non piangere, ché la mamma è in paradiso -.
      La bambina allora si asciugò gli occhi coi pugni chiusi, tanto più che comare Sidora dava mano a scoperchiare il forno.
      - Povera comare Nunzia! - venne a dire una vicina affacciandosi sull'uscio. - Adesso ci vanno i beccamorti. Sono passati di qua or ora.
      - Lontano sia! ché son figlia di Maria! - esclamarono le comari facendosi la croce.
      Comare Sidora levò dal forno la focaccia, la ripulì dalla cenere, e la porse calda calda alla bambina, che la prese nel grembiale, e se ne andava adagio adagio, soffiandovi sopra.
      - Dove vai? - Le gridò dietro comare Sidora. - Resta dove sei. A casa c'è il ba-bau colla faccia nera, che si porta via la gente -.
      L'orfanella ascoltò seria seria, sgranando gli occhi. Poi riprese colla stessa cantilena cocciuta:
      - Vo a portarla alla mamma.
      - La mamma non c'è più. Statti qua -. Ripeté una vicina. - Mangiala tu la focaccia -.
      Allora la piccina si accoccolò sullo scalino dell'uscio, tutta triste, colla focaccia nelle mani, senza toccarla.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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