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      E bisognerà andarmene a letto collo stomaco freddo. Anche l'altra notte, mentre la vegliavo, che avevo zappato tutto il giorno a dissodare sulla costa, e mi sentivo russare io stesso, seduto accanto al letto, tanto ero stanco, la buona anima mi diceva: “Va a mangiarne due cucchiaiate. Ho lasciato apposta la minestra al caldo nel focolare”. E pensava sempre a me, alla casa, al da fare che ci era, a questo e a quell'altro, che non finiva più di parlare, e di farmi le ultime raccomandazioni, come uno quando parte per un viaggio lungo, che la sentivo brontolare continuamente tra veglia e sonno. E se ne andava contenta all'altro mondo! col crocifisso sul petto, e le mani giunte di sopra. Non ha bisogno di messe e di rosari, quella santa! I denari pel prete sarebbero buttati via.
      - Mondo di guai! - Esclamò la vicina. - Anche a comare Angela, qui vicino, sta per morire l'asino, dalla doglia.
      - I guai miei son più grossi! - Finì compare Meno forbendosi la bocca col rovescio della mano. - No, non mi fate mangiare altro, ché i bocconi mi cascano dentro lo stomaco come fossero di piombo. Mangia tu piuttosto, povera innocente, che non capisci nulla. Ora non avrai più chi ti lavi e chi ti pettini. Ora non avrai più la mamma per tenerti sotto le ali come una chioccia, e sei rovinata come me. Quella te l'avevo trovata; ma un'altra matrigna come questa non l'avrai più, figlia mia! -
      La bimba, intenerita, sporgeva di nuovo il labbro, e si metteva i pugni sugli occhi.
      - No, non potete farne a meno - ripeteva comare Sidora.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Angela Sidora