Allora compare Luciano il carrettiere, incontrando massaro Cirino il quale si tirava dietro l'asino colle bisacce vuote, gli chiese:
- Cosa volete che vi regali per l'asino di san Giuseppe?
- Datemi quel che volete. Maledetto sia lui e il santo che l'ha fatto! - rispose massaro Cirino. - Ora non abbiamo più pane da mangiare, né orzo da dare alle bestie.
- Io vi do quindici lire perché siete rovinato; ma l'asino non val tanto, che non tira avanti ancora più di sei mesi. Vedete com'è ridotto?
- Avreste potuto chieder di più! - si mise a brontolare la moglie di massaro Cirino dopo che il negozio fu conchiuso. - A compare Luciano gli è morta la mula, e non ha denari da comprarne un'altra. Adesso se non comprava quell'asino di san Giuseppe, non sapeva che farne del suo carro e degli arnesi; e vedrete che quell'asino sarà la sua ricchezza! -
L'asino imparò anche a tirare il carro, che era troppo alto di stanghe per lui, e gli pesava tutto sulle spalle, sicché non avrebbe durato nemmeno sei mesi, arrancando per le salite, che ci volevano le legnate di compare Luciano per mettergli un po' di fiato in corpo; e quando andava per la discesa era peggio, perché tutto il carico gli cascava addosso, e lo spingeva in modo che doveva far forza colla schiena in arco, e con quelle povere gambe rose dal fuoco, che la gente vedendolo si metteva a ridere, e quando cascava ci volevano tutti gli angeli del paradiso a farlo rialzare. Ma compare Luciano sapeva che gli portava tre quintali di roba meglio di un mulo, e il carico glielo pagavano a cinque tarì il quintale.
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