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      Essa, poveretta, per questo motivo faceva festa a ogni cane che passasse, e si levava il pan di bocca per regalare a compare Santo la berretta di seta nera, ogni anno a santa Agrippina, e per fargli trovare un fiasco di vino, o un pezzo di formaggio, allorché arrivava al Castelluccio. - Pigliate questo, per amor mio, compare Santo. È di quel che beve il padrone -. Oppure: - Ho pensato che l'altra settimana vi mancava il companatico -.
      Egli non sapeva dir di no, e intascava ogni cosa. Tutt'al più per gentilezza rispondeva: - Così non va bene, comare Nena, levarvelo di bocca voi, per darlo a me.
      - Io son più contenta se l'avete voi -.
      Poi, ogni sabato sera, come Santo andava a casa, la buon'anima tornava a ripetere al figliuolo: - Lascia star la Nena, che non ha questo; lascia star la Nena, che non ha quest'altro.
      - Io lo so che non ho nulla - diceva la Nena, seduta sul muricciuolo verso il sole che tramontava. - Io non ho né terra, né case; e quel po' di roba bianca ho dovuto levarmela di bocca col pane che mi mangio. Mio padre è un povero camparo, che vive alle spalle del padrone; e nessuno vorrà togliersi addosso il peso della moglie senza dote -.
      Ella aveva però la nuca bianca, come l'hanno le rosse; e mentre teneva il capo chino, con tutti quei pensieri dentro, il sole le indorava dietro alle orecchie i capelli color d'oro, e le guance che ci avevano la peluria fine come le pesche; e Santo le guardava gli occhi celesti come il fiore del lino, e il petto che gli riempiva il busto, e faceva l'onda al par del seminato.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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