Il vino e le fave tostate misero in allegria anche compare Nanni, sebbene avesse già addosso la malaria; e la mamma tirò fuori dalla cassapanca un rotolo di filato che teneva da parte per la dote di Lucia, la quale aveva già diciott'anni, e prima d'andare alla messa ogni domenica, si strigliava per mezz'ora, specchiandosi nell'acqua del catino.
Santo, colla punta delle dieci dita ficcate nelle tasche del giubbone, gongolava, guardando i capelli rossi della sposa, il filato, e tutta l'allegria che ci era per lui quella domenica. Il camparo, col naso rosso, saltellava dentro gli stivaloni, e voleva baciare tutti quanti ad uno ad uno.
- A me no! - diceva Lucia, imbronciata pel filato che le portavano via. - Questa non è acqua per la mia bocca -. Essa restava in un cantuccio, con tanto di muso, quasi sapesse già quel che le toccava quando avrebbe chiuso gli occhi il genitore.
Ora infatti le toccava cuocere il pane e scopar le stanze per la cognata, la quale come Dio faceva giorno andava al podere col marito, tuttoché fosse gravida un'altra volta, ché per riempir la casa di figliuoli era peggio di una gatta. Adesso ci volevano altro che i regalucci di Pasqua e di santa Agrippina, e le belle paroline che si scambiavano con compare Santo quando si vedevano al Castelluccio. Quel mariuolo del camparo aveva fatto il suo interesse a maritare la figliuola senza dote, e doveva pensarci compare Santo a mantenerla. Dacché aveva la Nena vedeva che gli mancava il pane per tutti e due, e dovevano tirarlo fuori dalla terra di Licciardo, col sudore della loro fronte.
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