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      Poi si era piantato dinanzi al letto, sbigottito, colle mani nei capelli.
      Il casolare era dall'altra parte del torrente, in fondo alla valle, fra due grossi pietroni che gli si arrampicavano sul tetto. Di faccia, la costa, ritta in piedi, cominciava a scomparire nel buio che saliva dal vallone, brulla e nera di sassi, fra i quali si perdeva la striscia biancastra del viottolo. Al calar del sole erano venuti i vicini della mandra dei fichidindia, a vedere se occorreva nulla per l'inferma, che non si moveva più nel suo lettuccio, colla faccia in aria e la fuliggine al naso.
      - Cattivo segno! - aveva detto curatolo Decu. - Se non avessi lassù le pecore, con questo tempo che si prepara, non ti lascierei solo stanotte. Chiamami, se mai! -
      Carmenio rispondeva di sì, col capo appoggiato allo stipite; ma vedendolo allontanare passo passo, che si perdeva nella notte, aveva una gran voglia di corrergli dietro, di mettersi a gridare, di strapparsi i capelli - non sapeva che cosa.
      - Se mai - gli gridò curatolo Decu da lontano - corri fino alla mandra dei fichidindia, lassù, che c'è gente -.
      La mandra si vedeva tuttora sulla roccia, verso il cielo, per quel po' di crepuscolo che si raccoglieva in cima ai monti, e straforava le macchie dei fichidindia. Lontan lontano, alla Lamia e verso la pianura, si udiva l'uggiolare dei cani auuuh!... auuuh!... auuuh!... che arrivava appena sin là, e metteva freddo nelle ossa. Le pecore allora si spingevano a scorazzare in frotta pel chiuso, prese da un terrore pazzo, quasi sentissero il lupo nelle vicinanze, e a quello squillare brusco di campanacci sembrava che le tenebre si accendessero di tanti occhi infuocati, tutto in giro.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
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