Al festino del sindaco, il martedì grasso, aveva acchiappato finalmente uno sposo, ché Pietro Macca dal tinello li aveva visti stringersi la mano con don Giovannino, mentre andavano annaspando nella contraddanza. Don Piddu s'era levato il pan di bocca per condurre la figliuola al festino colla veste di seta aperta a cuore sul petto. Chissà mai! In quella i missionari predicavano contro le tentazioni davanti il portone del sindaco, per tutti quei peccati che si facevano là dentro, e dal sindaco dovettero chiudere le finestre, se no la gente dalla strada rompeva a sassate tutti i vetri.
Donna Saridda se ne tornò a casa tutta contenta, come se ci avesse in tasca il terno al lotto; e non dormì quella notte, pensando a don Giovannino, senza sapere che fra Giuseppe avesse a dirgli:
- Siete pazzo, vossignoria, ad entrare nella casata di don Piddu, che fra poco ci fanno il pignoramento? -
Don Giovannino non badava alla dote. Ma il disonore del pignoramento poi era un altro par di maniche! La gente si affollava dinanzi al portone di don Piddu, a vedergli portar via gli armadi e i cassettoni, che lasciavano il segno bianco nel muro dove erano stati tanto tempo, e le figliuole, pallide come cera, avevano un gran da fare per nascondere alla mamma, in fondo a un letto, quel che succedeva. Lei, poveretta, fingeva di non accorgersene. Prima era andata col marito a pregare, a scongiurare, dal notaio, dal giudice: - Pagheremo domani - pagheremo doman l'altro -. E tornavano a casa rasente al muro, lei colla faccia nascosta dentro il manto - ed era sangue di baroni!
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