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      Il custode della vigna stava portando via gli attrezzi del palmento, le doghe delle botti, tutto quello che si poteva salvare, e sua moglie andava a piantare al limite della vigna le cannucce colle immagini dei santi che dovevano proteggerla, biascicando avemarie.
      Don Marco arrivò trafelato, cacciandosi innanzi l'asinello, in mezzo al nuvolone scuro che pioveva cenere. Dal cortiletto davanti al palmento si vedeva la montagna nera che si accatastava attorno alla vigna, fumando, franando qua e là, con un acciottolìo come se si fracassasse un monte di stoviglie, spaccandosi per lasciar vedere il fuoco rosso che bolliva dentro. Da lontano, prima ancora che fossero raggiunti, gli alberi più alti s'agitavano e stormivano nell'aria queta; poi fumavano e scricchiolavano; ad un tratto avvampavano e facevano una fiammata sola. Sembravano delle torce che s'accendessero ad una ad una nel tenebrore della campagna silenziosa, lungo il corso della lava. La moglie del custode della vigna andava sostituendo più in qua le cannucce colle immagini benedette, man mano che s'accendevano come fiammiferi; e piangeva, spaventata, davanti a quella rovina, pensando che il padrone non aveva più bisogno di custode, e li avrebbe licenziati. E il cane di guardia uggiolava anch'esso dinanzi alla vigna che bruciava. Il palmento, spalancato, senza tetto, con tutta quella roba buttata nel cortile, in mezzo alla campagna spaventata, sembrava tremasse di paura, mentre lo spogliavano prima di abbandonarlo.
      - Che cosa state facendo?


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Marco