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      Quegli otto giorni degli esercizi spirituali, galantuomini e villani tornavano fratelli come al tempo di Adamo ed Eva; e i padroni per umiltà servivano a tavola i garzoni colle loro mani, ché a costoro quella grazia di Dio andava giù di traverso per la soggezione; e nel refettorio, al rumore di tutte quelle mascelle in moto, sembrava che ci fosse una stalla di bestiame, mentre i missionari predicavano l'inferno e il purgatorio. Quell'anno don Piddu non avrebbe voluto andarci, perché non aveva di che pagare la sua parte, e poi non potevano rubargli più nulla i suoi garzoni. Ma lo fece chiamare il giudice, e lo mandò a farsi santo per forza, onde non desse il cattivo esempio. Quegli otto giorni erano una manna per chi ci avesse da fare nella casa di un povero diavolo, senza timore che il marito arrivasse improvviso di campagna a guastar la festa. La porta del convento era chiusa per tutti, ma i giovanotti che avevano da spendere, appena era notte, sgusciavano fuori e non tornavano prima dell'alba.
      Ora don Piddu, dopo che gli giunsero all'orecchio certe chiacchiere che s'era lasciato scappare fra Giuseppe, una notte sgattaiolò fuori di nascosto, come se avesse avuto vent'anni, o l'innamorata che l'aspettasse, e non si sa quel che andò a sorprendere a casa sua. Certo quando rincasò prima dell'alba era pallido come un morto, e sembrava invecchiato di cent'anni. Questa volta il contrabbando era stato sorpreso, e come i donnaiuoli tornavano in convento, trovavano il padre missionario inginocchiato dietro l'uscio, a pregare pei peccati che gli altri erano andati a fare.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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