...
O quegli altri poveri diavoli che fingono di spassarsi andando su e giù per la galleria deserta, col vento che vi soffia gelato da ogni parte, aspettando che il custode vòlti il capo, o finga di chiudere gli occhi, per sdraiarsi nel vano di una porta, raggomitolati in un soprabito cencioso.
Questi qui non isbraitano, non stampano giornali, non si mettono in prima fila nelle dimostrazioni. Le dimostrazioni gli altri, alla fin fine, le fanno a piedi, senza spendere un soldo di carrozza.
AL VEGLIONE
C'era andato a portare un paniere di bottiglie, di quelle col collo inargentato, nel palco della contessa, e s'era fermato col pretesto di aspettare che le vuotassero; tanto, in cinque com'erano nel palchetto, non potevano asciugarle tutte, e qualcosa sarebbe rimasta anche in fondo ai piatti. Sicché alle sue donne aveva detto: - Aspettatemi alla porta del teatro, in mezzo alla gente che sta a veder passare i signori -.
Lì, sull'uscio del palchetto, i servitori lo guardavano in cagnesco, coi loro faccioni da prete, ché i padroni stessi, là dentro il palco, come li aveva visti da una sbirciatina attraverso il cristallo, non stavano così impalati e superbiosi come quei servitori nelle loro livree nuove fiammanti.
Nel palco era un va e vieni di signori colla cravatta bianca, e il fiore alla bottoniera, come i lacchè delle carrozze di gala, che pareva un porto di mare. E ogni volta che l'uscio si apriva arrivava come uno sbuffo di musica e d'allegria, una luminaria di tutti i palchetti di faccia, e una folla di colori rossi, bianchi, turchini, di spalle e di braccia nude, e di petti di camicia bianchi.
| |
|