Lui, il giovanotto, gliele lasciava cascare sul collo, che la ragazza aveva bianco e delicato, così che quei ricciolini sulla nuca tremavano come avessero freddo, e le spalle pure trasalivano, e si facevano rosse mentre ella chinava il capo, non ricordandosi neppure che ci aveva la maschera sul viso.
- La ci casca! La casca! - gongolava il vicino di Pinella. Ma il povero Pinella in quel momento osservava che la ragazza era magrolina e aveva i capelli castagni come la Carlotta. E l'altro insisteva, insisteva, col fiato caldo sul collo di lei, che avvampava quasi ci si scaldasse, e ritirava pian piano gli stivalini di raso sotto la panca, come per nascondere le gambe nude, nella maglia color di rosa, che luccicava qua e là, e sembrava arrossire anch'essa.
Ah, la Carlotta aspettava di fuori, al freddo, è vero; ma Pinella era più contento così. - La ci va! La ci va! - continuava il suo vicino. La ragazza s'era levata, per forza, col mento sul petto, e il seno che si contraeva come un mantice, sotto i ricami d'oro falso. L'altro le aveva preso il braccio, e la tirava, la tirava. Ella si lasciava tirare, passo passo, colle gambe nude che esitavano l'una dietro l'altra. - Tombola! - urlò loro dietro il ragazzaccio. E sparvero nella folla.
Pinella se ne andò anche lui col cuore grosso, pensando che una volta aveva sorpreso la Carlotta in piazza della Rosa, a chiacchierare con un giovanotto, proprio come quest'altro, colle guance rosse e il mento sul petto. Ella aveva trovato il pretesto che il giovanotto era un avventore il quale aveva bisogno di una dozzina di paralumi, a casa sua.
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