Quello del faccione, il superbioso, appena vide arrivare Pinella, cominciò a sclamare: - Corpo!... - e voleva mandarlo via. Ma un vecchietto tutto bianco e raggricchiato in una livrea color marrone, disse:
- No! No! lasciatelo stare. Ce n'è per tutti. È carnevale, allegria! allegria! -
Anzi gli tagliò una bella fetta di pasticcio, e un altro, colla bocca piena, bofonchiò:
- E' costa cento lire -.
Il vecchiotto, rizzando su la personcina, aggiunse: - Quando stavo col duca, nel palco, a ogni veglione, si stappavano delle bottiglie per più di 1000 lire -.
- Presto! presto! - venne a dire il faccione, forbendosi il mento in furia con una tovaglia sudicia. - I padroni hanno ordinato le carrozze -.
A Pinella, sembrava invece che andavano via sul più bello, e mentre raccoglieva le bottiglie non sapeva capacitarsi perché si sciupassero tanti denari e tanti pasticci da 100 lire se ci si annoiava così presto. Ora che aveva bevuto si sentiva anch'egli il caldo e la smania dell'allegria. I palchi cominciavano a vuotarsi, e dagli usci spalancati intanto si vedeva la folla irrompere di nuovo in platea come un fiume, coi volti accesi, i capelli arruffati, le vesti discinte, le maglie cascanti, le cravatte per traverso, i cappelli ammaccati, strillando, annaspando, pigiandosi, urlando, in mezzo al suono disperato dei tromboni, ai colpi di gran cassa; e un tanfo, una caldura, una frenesia che saliva da ogni parte, un polverìo che velava ogni cosa, denso, come una nebbia, sulla galoppa che girava in fondo a guisa di un turbine, e da un canto, in mezzo a un cerchio di signori in cravatta bianca, pallidi, intenti, ansiosi, che facevano largo per vedere, una coppia più sfrenata delle altre, cogli occhi schizzanti fuori della maschera come pezzi di carbone acceso, i denti bianchi, ghignando, il viso smorto, la testa accovacciata, gli omeri che scappavano dal busto, le gambe nude che s'intrecciavano, con molli contorcimenti dei fianchi.
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Pinella Pinella
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