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      A quell'annunzio babbo e mamma fecero la pace, e venne anche la Gilda vestita di seta, senza che si sapesse chi glielo aveva detto.
      La Màlia invece credeva di star meglio, e chiese che le sciorinassero sul letto il vestito in pezza del Carlini, onde “farci festa” diceva lei. Stava a sedere sul letto, appoggiata ai guanciali, e per respirare si aiutava muovendo le braccia stecchite, come fa un uccelletto delle ali.
      La sora Carolina disse che bisognava andare pel prete, e il babbo che quelle minchionerie le aveva sempre disprezzate col Secolo, se ne andò all'osteria in segno di protesta. La sora Giuseppina accese due candele, e mise una tovaglia sul cassettone. Màlia, al vedere quei preparativi si scompose in viso, ma si confessò col prete, anche il bacio del Carlini, e dopo volle che la mamma e la sorella non la lasciassero sola.
      Il babbo, l'aspettarono, s'intende. La sora Giuseppina si era appisolata sul canapè, e Gilda discorreva sottovoce col Carlini accanto alla finestra, credendo che la Màlia dormisse. Così la poveretta passò senza che se ne accorgessero, e i vicini dissero che era morta proprio come un canarino.
      Il babbo il giorno dopo pianse come un vitello e la sua moglie sospirava:
      - Povero angelo! Hai finito di penare! Ma eravamo abituati a vederla là, a quella finestra, come un canarino. Ora ci parrà di esser soli peggio dei cani -.
      La Gilda promise di tornar spesso e lasciò i denari pel funerale. Ma a poco a poco anche il Carlini diradò le visite, e come aveva cambiato alloggio a San Michele, non si vide più.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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