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      Olga comparve l'ultima, infarinata come un pesce, scutrettolando più che mai, e col garretto teso, quasi avesse preso un terno secco quella sera.
      - Olga, - le disse Sandrino sotto la fontana di carta, mentre le ragazze si schieravano scalpicciando e sciorinando le gonnelline. - Olga, non mi fare la civetta, o guai a te!... -
      La Olga avrebbe potuto stare nella prima quadriglia, tanto si sbracciava e dimenava i fianchi, che bisognava scorgerla per forza. - O che non l'abbassa mai l'occhialetto quello sfacciato! - borbottava lui, mentre sgambettava con grazia reggendo la ghirlanda di fiori di tela, sotto la quale Olga passava e ripassava luccicante e con tutte le vele al vento. Ella, per togliersi la seccatura, gli rispose che quel signore voleva godersi i denari che spendeva. - E tu ci hai gusto! - insisteva Sandro. - Lo fai apposta! Quando hai a passare sotto la ghirlanda, ti chini come se io fossi nano. - Mi chino come mi piace! - rispose lei alfine. E per giunta il direttore assestò a lui la multa.
      Al vederla così caparbia, con quegli occhi indiavolati, che buttava all'aria ogni cosa, egli se la mangiava con gli sguardi come quell'altro, e ballava fuori tempo dalla rabbia. La Olga pareva che lo facesse apposta a girargli intorno senza farsi cogliere. Infine, nel galoppo finale, poté balbettarle ansante sulla nuca:
      - Se tu cerchi l'amoroso nelle poltrone, troverò anch'io qualcosa nei palchi.
      - Bravo! - rispose lei. - Ingégnati! -
      Egli si strappava i pizzi e i ricami di dosso, buttandoli sul tavolaccio unto, e sbuffava e giurava che voleva aspettar davvero la contessa.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
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