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      Alle volte, dopo aver chiacchierato e chiacchierato, conchiudevano col guardarsi in faccia, grulli, e si mettevano a ridere.
      Ma ci avevano preso gusto lo stesso a stare insieme. Ogni giorno, mentre Balestra aspettava la ritirata sul sedile, colle gambe ciondoloni, Femia arrivava col suo grembiale bianco, correndo dietro i marmocchi, e si davano la buona sera. Egli, chiacchierone, a poco a poco le narrò ogni cosa dei fatti suoi; che era di Tiriolo, vicino a Catanzaro, e ci aveva casa e parenti laggiù, all'estremità del paese, dove cominciano i prati, come quel pezzetto di verde che si vedeva verso l'Arco del Sempione, - quattro fratelli, e il padre carrettiere; l'avrebbero voluto in cavalleria per questo motivo, se non era il deputato che aveva da fare con suo padre - un ricco signore. Ma Balestra non vedeva l'ora di tornarsene a casa, quando piaceva a Dio, perché ci aveva l'innamorata, Anna Maria della Pinta, che gli aveva promesso d'aspettarlo, se tornava vivo. - E tirava fuori dal cappotto anche le lettere sudice e logore di Anna Maria - sapeva di lettere - un pezzo di ragazza così. Femia, che non aveva avuto mai un cane intorno, s'inteneriva, gli guardava commossa gli occhietti lustri di quelle memorie, e il naso a trombetta che sembrava parlare anch'esso, tanto aveva il cuore pieno, e acconsentiva del capo. Anche lei ci aveva in testa un cristiano delle sue parti là del Bergamasco, il quale era andato fuori regno a cercare fortuna. Erano vicini di casa e lo vedeva andare e venire ogni giorno; null'altro.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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