Egli non sapeva risolversi a lasciare la mano di Femia, che gli stringeva le dita di tanto in tanto, anch'essa senza parlare. I bambini che si seccavano strillavano per andare alla giostra.
Femia non aveva soldi, e la mamma era tirchia. La prima volta che sgridarono Carletto perché s'era fatto uno strappo ai calzoncini, il ragazzo accusò Femia che si faceva regalare il sorbetto dal militare col quale andava a spasso.
- Cos'è questa storia del militare? - chiese la padrona. - Mi avevi assicurato d'essere una ragazza onesta -. Il padrone invece scoppiò a ridere. - La Femia, con quella faccia lì?!... -
La poveraccia si mise a piangere. Eppure del male non ne facevano. Ma adesso, quando Balestra voleva condurla verso l'Arco del Sempione, ella diceva di no, che non stava bene. Per acchetare i bambini, che non volevano allontanarsi dalla banda, gli toccava spendere; e non ostante, a ogni pretesto, la minacciavano di dir tutto alla mamma.
- Così piccoli! - diceva la Femia. - E hanno già la malizia come i grandi! -
A quei discorsi la malizia spuntava anche nel Balestra, il quale cercava sempre i posti all'ombra sotto gli alberi, e voleva menarla alla Cagnola nel tramvai, e inventava dei pretesti per levarsi d'attorno i bimbi, che sgranavano gli occhi, neri così. Di soppiatto le stringeva la mano, dietro la schiena; o faceva finta di nulla, lasciandosi poi andare sulla spalla di lei, mentre camminavano passo passo, guardando in terra, e spingendo i ciottoli col piede, sentendo un gran piacere a quella spalla che toccava l'altra.
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