Erano tutti sul piazzale, coi sacchi in fila per terra, pigiandosi attorno alle carrette dei fruttivendoli. Balestra le corse incontro, coi suoi arnesi da viaggio a tracolla, e il chepì foderato di bianco. Che crepacuore, al vederlo così! Andavano su e giù pel viale, col cuore stretto; e quando fu il momento di partire, egli la tirò in disparte e la baciò.
Per fortuna Monza non era lontana. Ella gli aveva promesso di andarlo subito a trovare. Ma quegli otto giorni in piazza Castello pareva che non ci fosse più nessuno, e ogni soldato che passava i bambini, poveri innocenti, chiedevano: - Balestra perché non viene? - Infine i padroni la mandarono via tutta contenta, col suo fardelletto di roba e quel gruzzolo di salario che aveva raggranellato. Gli rincresceva solo pei ragazzi, che avevano fatto male senza saperlo. Arrivò a Monza il sabato sera; ma lui non poté vederlo, perché era di guardia. Allora si sentì sconfortata, in quella città dove non conosceva nessuno.
Per Balestra il rivederla fu una festa. Desinarono insieme, e la condusse a vedere il Parco, che ognuno poteva andarci. Là gli pareva di essere nei campi del suo paese, coll'Anna Maria, e Femia si lasciava baciare come voleva lui, tutta contenta che gli volesse bene. - Peccato che non si possa star soli insieme! - diceva Balestra. Ella non rispondeva nulla.
La sera, in caserma, i camerati che l'avevano visto con quella marmotta si burlavano di lui e gli dicevano: - Che ti pareva non ce ne fossero di meglio a Monza? - Ma egli era un ragazzo costante.
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