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      Piuttosto gli rincresceva che Femia ci avesse a patire negli interessi, per star dove era lui. Ei non voleva far del male ad alcuno; no davvero! Femia invece era contenta di lavorare alla filanda, lì vicino. Che gliene importava di un boccone di più o di meno? - Già non ho altri al mondo, ve l'ho detto! - Almeno si vedevano ogni domenica, perché lei esciva dal filatoio quando era già suonata la ritirata, e ci entrava appena giorno.
      Balestra progettava di affittare una stanza, dove potessero vedersi in santa pace, giacché in caserma non poteva condurla, e non era un bel divertimento star sempre a passeggiare nel Parco. Ella non disse di no; ma lo guardava timorosa, con quell'innocenza che le era rimasta perché non aveva trovato mai un cane che la volesse. Nel frattempo le capitò la disgrazia d'ammalarsi. Fu un pezzo più di là che di qua, e la portarono all'ospedale di Milano. Balestra scrisse due volte. Poi seppe che aveva il vaiuolo.
      Dopo circa due mesi Femia guarì, ma col viso tutto butterato; talché si vergognava a farsi vedere da Balestra in quello stato. Passarono giorni e settimane prima che si decidesse a tornare al filatoio. A poco a poco il gruzzolo di denari se n'era andato, ed era proprio necessario! Però in cuor suo era contenta che fosse necessario, perché voleva vedere cosa ne dicesse lui. Andò a Monza un sabato, come l'altra volta, per aspettare la domenica all'albergo. Il cuore le batteva, mentre vedeva i soldati che escivano dalla caserma a schiere di quattro o cinque.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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