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      Ma la ragazza voleva tornare a ballare, to'! Era venuta pel veglione. Poi non aveva più sete; grazie tante; un'altra volta. Tonino più s'accendeva: - Ancora un valzer, bellezza! - E ci si metteva tutto, col suo bel garbo di giovane di caffè, pettinato a ricciolini, dimenando il busto, le gambe che s'intrecciavano a quelle di lei, e sotto il naso quel petto che gli infarinava il vestito. - Mi lasci andare, caro lei, in parola d'onore. Ci ho lì il mio ballerino che mi ha pagato il costume, quel turco che fa gli occhiacci. Se vuol venire a trovarmi sa dove sto di casa, a San Vittorello; cerchi dell'Assunta -.
      Tonino, rosso come un gallo, gli avrebbe mangiato il naso a quel turco, anima sacchetta! L'Orbo, che gli stava alle costole non avendo altro da fare, lo calmava così:
      - Finiscila, e andiamo a bere -.
      Là fuori aspettavano Marco il Nano e Basletta, masticando un mozzicone di sigaro, e colle mani in tasca. Per scaldarsi andarono insieme dal Gaina. Tonino, che gli bruciava il sangue dal bere e dalla gelosia, ed anche di quel che gli dicevano che stesse sotto le gonnelle di sua sorella, sbraitava che voleva fare uno sproposito, porca l'oca! Voleva andare ad aspettare l'Assunta in barba al turco, proprio sulla sua porta, a San Vittorello! E gli altri, Marco il Nano e Basletta, a ridergli sul naso.
      Lui, per mostrare che era in sensi, non l'avrebbero tenuto in quattro. - Lascia andare, via! A quest'ora non ci aprono più ti dico. Piuttosto andiamo dal Malacarne che ha il valpolicella buono!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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