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      Le donne, il babbo e tutti si sfogavano allora sul malcapitato, buono a nulla, che restava di peso alla famiglia, e nessuno lo voleva. - Ero buono soltanto quando portavo a casa i denari delle mance! - brontolava il ragazzone, che gli facevano mancare quel che si dice il bisognevole, e lo tenevano in casa come un pitocco.
      Un giorno che Basletta lo incontrò a girandolare fra i banchi del mercato esclamò:
      - Tò! Sei qui? È un pezzo che non ti si vede. Mi paghi da bere? -
      Tonino rispose che non aveva soldi. I suoi di casa gli avevano fatte delle scene per quella storia di San Vittorello. Basletta, come passavano vicino alla baracca della sora Gnesa, adocchiò la Barberina che ammazzolava delle rape, colle belle braccia rosse, nude sino al gomito.
      - Finiscila! - borbottò Tonino. - Non mi piacciono gli scherzi a mia sorella. -
      - Guarda! adesso che sei stato in tribunale ti sei fatto permaloso! Non te la mangio mica tua sorella! Bel modo di accogliere la gente! -
      Voleva condurlo a salutar gli amici, cent'anni che non lo vedevano. Tonino, nicchiava. - Bestia! pel conto che fanno di te i tuoi parenti! Piantali, via -.
      Ai Buoni Amici trovarono l'Orbo, che voleva salutar Tonino anche lui, e giuocava a briscola in un cantuccio con dei carrettieri. Al Verziere non ci veniva più, perché la sora Gnesa lo accusava di guastargli il figliuolo, e Barberina gli faceva delle partacce. - Un gendarme, quella ragazza! - Poi dissero che volevano andare a cercare il Nano, il quale aveva disertato dai Buoni Amici dacché l'oste non gli faceva più credito.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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