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Ci andava spesso infatti. Ma erano altri bocconi amari. La bimba aveva paura di suo padre, al vederlo con quel berrettino in mezzo a tanti visi nuovi. Lui si sfogava a brontolare tutti i guai della settimana.
- Una vitaccia da cani! - lamentavasi la Carlotta col sor Gostino. - Affaticarsi da mattina a sera, e la festa poi quel divertimento! - Il sor Gostino l'accompagnava, per bontà sua, e le comprava qualche regaluccio da portare al malato. - Che volete farci? Bisogna aver pazienza finché campa -. Il poveretto aveva il cuoio duro, e non finiva più di penare. La Carlotta si stancò prima di lui d'andare e venire, e di trovarlo sempre lo stesso, con quel berrettino bianco ritto sul guanciale. Si fermava appena due minuti, il tempo di vedere a che punto era, e di portargli qualche cosuccia, senza dire che gliela aveva regalata il portinaio. Ma ei glielo leggeva in faccia, e le guardava le mani, sospettoso, tirandosi la coperta sino al naso, senza dir nulla, e le ficcava in faccia gli occhi neri di febbre, e domandava:
- Hai visto il Bobbia? - T'ha detto nulla il portinaio? -
Si capiva che ne aveva tante nello stomaco; ma non parlava perché era confinato in quel letto, e se Carlotta non veniva più restava solo come un cane. Sovente almanaccava dei progetti per quando sarebbe guarito. - Faremo questo. Faremo quest'altro -. Ma ella rimaneva zitta e guardava altrove. Allora disse lui: - Se guarisco, voglio ammazzar qualcuno, dammi retta! - E la bambina si aggrappava al collo della madre, strillando di paura.
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