Le chiacchiere andavano morendo a misura che i soldati si avanzavano nella giornata calda, fra le strisce di terra bruna, di seminati verdi, le vigne che fiorivano sulle colline, i filari di gelsi diritti sin dove arrivava la vista. Qua e là si vedevano dei casolari e delle cascine abbandonate. Accostandosi ad un pozzo, per bere un sorso d'acqua, videro degli arnesi a terra, accanto all'uscio di un cascinale, e un gatto che affacciava il muso fra i battenti sconquassati, miagolando.
- Guarda! - fece osservare Malerba. - Ci hanno il grano in spiga, povera gente!
- Vuoi scommettere che non ne mangi di quel pane? - disse il Lucchese.
- Sta' zitto, jettatore! - rispose Malerba. - Io ci ho l'abitino della Madonna -. E fece le corna colle dita.
In quella si udì tuonare anche a sinistra, verso il piano. Da principio, dei colpi rari, che echeggiavano dal monte. Poscia un crepitìo come di razzi, quasi il villaggio fosse in festa. Al di sopra del verde che coronava la vetta si vedeva il campanile tranquillo, nel cielo azzurro.
- No, non è il fiume - disse Gallorini.
- E neppure dei carri che passano.
- Senti! senti! - esclamò Gallorini. - Laggiù la festa è cominciata.
- Alt! - ordinarono ancora. Il Lucchese ascoltava, colle ciglia in arco, e non diceva più nulla. Malerba aveva vicino un paracarro, e ci s'era messo a sedere, col fucile fra le gambe.
Il cannoneggiamento doveva essere in pianura. Si vedeva il fumo di ogni colpo, come nuvolette dense, che si levavano appena al di sopra dei filari di gelsi, e si squarciavano lentamente.
| |
Malerba Lucchese Malerba Madonna Gallorini Gallorini Lucchese
|