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      Però alle prime case si vide la carneficina che ci era stata. Cannoni, cavalli, bersaglieri feriti, tutto sottosopra. Gli usci sfondati, le imposte delle finestre che pendevano come cenci al sole. In fondo a una corte c'era un mucchio di feriti per terra, e un carro colle stanghe in aria, ancora carico di legna.
      - E il Lucchese? - domandò Gallorini senza fiato.
      Malerba l'aveva visto cadere. Nondimeno si voltò indietro per istinto verso il monte che formicolava di uomini e di cavalli. Le armi luccicavano al sole. Si vedevano, in mezzo alla spianata, degli ufficiali a piedi, i quali guardavano lontano col cannocchiale. Le compagnie calavano ad una ad una per la china, con dei lampi che correvano lungo le file.
      Potevano essere le 10 - le 10 del mese di giugno, al sole.
      Un ufficiale s'era buttato come arso sull'acqua dove lavavano gli scopoli dei cannoni. Gallorini stava disteso bocconi contro il muro del cimitero, colla faccia sull'erba; là almeno, dalle fosse, nell'erba folta, veniva un po' di frescura. Malerba, seduto per terra, s'ingegnava a legarsi come poteva la gamba col fazzoletto. Pensava al Lucchese, poveretto, che era rimasto per via, a pancia in aria.
      - Tornano! tornano! - si udì gridare. La tromba chiamava all'armi. Ah! stavolta era proprio stufo Gallorini! Nemmeno un momento di riposo! Si alzò come una bestia feroce, tutto lacero, e afferrò il fucile. La compagnia si schierava in fretta, alle prime case del paesetto, dietro i muri, alle finestre. Due pezzi di cannone allungavano la gola nera in mezzo alla strada.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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