Lo sorprese per la scala con un baule sulle spalle. - Te ne vai? Mi pianti? - Anch'egli negava, colle braccia in croce, come quell'altro. Infine gli scappò la pazienza. - Ebbene, cosa vuoi? Già sai che non son stato il primo...
Ella voleva buttarsi dalla finestra, se non fosse stata la paura. La maestra arricciava il naso appena la vedeva entrare in bottega, accasciata, col viso gonfio e disfatto, con tanto di pèsche agli occhi. La spogliava dalla testa ai piedi al pari del Renna, con certe occhiate che le leggevano in faccia la vergogna. Infine, quando fu certa di non ingannarsi, le diede il fatto suo, un sabato sera, dietro il banco - cinque lire e ottanta centesimi. - A Santina le pareva di morire. Ma la padrona con un risolino agro ripeteva: - È inutile piangere adesso. Dovevi pensarci prima! - La mamma cacciandosi le mani nei capelli, balbettava: - Cosa hai fatto? Cosa hai fatto? disgraziata! Se lo sapesse tuo fratello!... -
Costui appena venne in chiaro della cosa andò a prendere il Renna per il collo, in via Camminadella. - Ti voglio mangiare il fegato, traditore! - Dopo lo portarono a casa colla testa rotta. - Non è nulla, - diceva. - Ma voglio lavarmi il disonore col sangue di quella sciagurata! Se non va via di casa voglio ammazzare anche lei! - La poveretta scappò come si trovava, la vigilia di Natale. Quel giorno Beppe, contento e all'oscuro di tutto, aveva portato un panettone. La mamma di nascosto le mandò qualche soldo nel fagottino della roba. Le sue compagne non ne seppero più nulla.
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