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      - Però, senti, se il Signore mandasse i numeri?... Bisogna lasciare l'uscio aperto alla fortuna -.
      E in cuor suo pensava alle parole di quella dell'uovo.
      - Se non hai altra speranza - brontolò Manica con sorriso agro.
      - E tu che speranza hai?
      - Dammi due lire! - rispose lui bruscamente.
      - Due lire! o Madonna!... cosa vuoi farne?
      - Dammi una lira sola! - ripeté Manica stravolto.
      Era una giornata buia, la neve dappertutto e l'umidità che bagnava le ossa. La sera Manica tornò a casa col viso lustro d'allegria. Fortunata diceva invece:
      - Per me sola non c'è conforto -.
      Alle volte ella avrebbe voluto essere come i suoi fratelli sotto l'erba del camposanto. Almeno quelli non tribolavano più, ed anche i genitori ci avevano fatto il callo, poveretti.
      - Oh! il Signore non ci abbandonerà del tutto, - balbettava Arlìa. - Quella dell'uovo me l'ha detto. Ho qui un'ispirazione -.
      Il giorno di Natale apparecchiarono la tavola coi fiori e la tovaglia di bucato, e quest'anno invitarono lo zio prete ch'era la sola provvidenza che restasse. Il Manica si fregava le mani e diceva:
      - Oggi si ha a stare allegri -. Pure il lume appeso al soffitto ciondolava malinconico.
      Ci fu il manzo, il tacchino arrosto, ed anche un panettone col Duomo di Milano. Alle frutta il povero zio, vedendoli piangere, siffatta giornata, con un buon bicchiere in mano di barbera anche lui, non seppe tener duro e dovette promettere la dote alla ragazza. L'amante tornò a galla, Silvio Liotti, commesso di negozio con buone informazioni, pronto a riparare il mal fatto.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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