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      Aveva fatto un po' di tutti i mestieri: scalpellino, fornaciaio, e infine manovale. Dacché si era rotto un braccio non era più quello; e i capomastri se lo rimandavano dall'uno all'altro, per levarselo di fra' piedi. Poi quando fu stanco di cercare il pane si coricò sulle rotaie della ferrovia. A che cosa pensava, mentre aspettava, supino guardando il cielo limpido e le cime degli alberi verdi? Il giorno innanzi, mentre tornava a casa colle gambe rotte, aveva detto: - Domani! -
      Era la sera del sabato; tutte le osterie del Foro Bonaparte piene di gente fin sull'uscio, al lume chiaro del gas, dinanzi alle baracche dei saltimbanchi, affollata alle banchette dei venditori ambulanti, perdendosi nell'ombra dei viali, con un bisbiglio di voci sommesse e carezzevoli. Una ragazza in maglia color carne suonava il tamburo sotto un cartellone dipinto. Più in là una coppia di giovani seduti colle spalle al viale si abbracciavano. Un venditore di mele cotte tentava lo stomaco colla sua mercanzia.
      Passò dinanzi una bottega socchiusa; c'era in fondo una donna che allattava un bimbo, e un uomo, in maniche di camicia, fumava sulla porta. Egli camminando guardava ogni cosa, ma non osava fermarsi; gli sembrava che lo scacciassero via, via, sempre via. I cristiani pareva che sentissero già l'odor del morto, e lo evitavano. Solo una povera donna, che andava a Sesto curva sotto una gran gerla e brontolando, si mise a sedersi sul ciglio della strada accanto a lui per riposarsi; e cominciò a chiacchierare e a lamentarsi, come fanno i vecchi, ciarlando dei suoi poveri guai: che aveva una figlia all'ospedale, e il genero la faceva lavorare come una bestia; che gli toccava andare fino a Monza con quella gerla lì, e aveva un dolore fisso nella schiena che gliela mangiavano i cani.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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