Comare Menica, poveretta, nella prima furia voleva balzare dal letto, in camicia com'era, e correre al Biviere, se non era il medico che si mise a sgridarla:
- Come le bestie, voialtri villani! Non sapete cosa vuol dire una febbre puerperale!
- Signore don Battista! Come posso fare a lasciare quel poveretto fuorivia, in mano altrui, ora ch'è in quello stato?...
- E voi non vi movete! - appoggiava comare Stefana. - Vostro marito andrete a trovarlo poi. Temete che scappi?
- Date retta al medico, - aggiunse la Cilona. - Compare Cosimo è in mano di cristiani. Lo vedete qui, questo poveretto, che è venuto apposta? -
E lo zio Mommu accennava di sì con il capo, ritto dinanzi al letto, battendo gli occhi, non sapendo come fare per voltare le spalle ed andarsene per le sue faccende.
Indi la convalescenza, il baliatico, il bisogno dei figliuoli; e il tempo era passato. Compare Cosimo, quando infine la Gagliana gli aveva detto di alzarsi, era rimasto su di una sedia, alla porta dello stallatico, con una gamba più corta dell'altra.
- Così com'è non ve la lasciavano neppure, se eravate in mano del cerusico! - gli disse la Gagliana per consolarlo.
I muli stessi se li mangiò metà lei e metà la stalla. Quando il povero zoppo, alla porta dell'osteria, vide Nunzio della Rossa che si portava via la sua lettiga, si mise a sospirare: - Queste campanelle non le udrò più! -
E lo zio Carmine anche lui disse:
- Che diavolo rimpiangete! Quel baio birbante che vi azzoppò a quel modo? -
Intanto bisognava pensare a buscarsi da vivere, lui e il suo ragazzo; e adesso ch'era conciato a quel modo per le feste, voleva essere un mestiere facile, di quelli poco pane e poca fatica.
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