Li svegliò lo scampanìo del paese in festa, che il sole era già alto. Mentre andavano per via, guardando la gente che usciva vestita in gala, scorsero in piazza don Tinu il merciaiuolo, colle sue scarabattole di già in mostra, sotto l'ombrellone rosso.
- Signore don Tinu, - gli disse Grazia tutta contenta. - Benvenuto a vossignoria! -
Don Tinu si accigliò e rispose:
- O tu chi sei? Io non ti conosco -.
La fanciulletta si allontanò mogia mogia. Ma don Tinu vide il ragazzetto, che guardava da lontano timoroso, e gli disse:
- Tu sei quello dell'osteria del Pantano, lo so.
- Sissignore, don Tinu, - rispose Nanni col sorriso d'accattone.
E tutto il giorno gli ronzò intorno, affannato, sul marciapiede. Quando vide che don Tinu raccoglieva la sua mercanzia, e stava per andarsene, si fece animo, e gli disse:
- Se mi volete con voi, vossignoria, io vi porterò la roba.
- Va bene, - rispose don Tinu. - Ma la tua compagna lasciala stare pei fatti suoi, ché non ho pane per tutti e due -.
Grazia scorata, si allontanò passo passo, colle mani sotto il grembiule, e poi si mise a guardare tristamente dall'altra cantonata, mentre Nanni se ne andava dietro al merciaiuolo, curvo sotto il carico.
Un buon diavolaccio, quel don Tinu. Sempre allegro, anche quando gli lasciava andare una pedata o uno scapaccione. In viaggio gli raccontava delle barzellette per smaliziarlo e ingannare la noia della strada a piedi. Oppure gli insegnava a tirar di coltello, in qualche prato fuori mano. - Così ti farai uomo, - gli diceva.
| |
Tinu Tinu Grazia Tinu Tinu Pantano Tinu Nanni Tinu Tinu Nanni Tinu
|