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      Lei intanto rimaneva sull'uscio della bottega, sorridendo timidamente, col viso nella mantellina rattoppata. Nanni che da un pezzo non la vedeva, le disse:
      - O tu come sei qui?
      - Son venuta a piedi, - rispose Grazia, tutta contenta che le avesse parlato. - Son venuta a piedi da Scordia e Carlentini, perché laggiù morivo di fame. Ora fo i servizi a chi mi chiama -.
      S'era fatta grande, tanto che la vesticciuola sbrindellata non arrivava a coprirle del tutto le gambe magre; colla faccia seria e pallida di donna fatta che ha provato la fame: e due pèsche fonde e nere sotto gli occhi.
      Nanni che stava leccando col pane il piatto di don Tinu le disse:
      - Te'; ne vuoi? - Ma Grazia si vergognava a dir di sì.
      - Io sto con don Tinu, e faccio il merciaiuolo, - aggiunse Nanni.
      Ad un tratto egli si fece serio, guardandola fiso.
      - Entra! -
      La ragazza esitava, intimidita da quegli occhi. Nanni ripeté:
      - Entra, ti dico! sciocca! -
      E la tirò pel braccio chiudendo l'uscio. Ella obbediva tutta tremante. Poi gli buttò le braccia al collo.
      - Tanto tempo che ti volevo bene! -
      E ricominciò a narrar la storia del suo misero vagabondaggio: la fame, il freddo, le notti senza ricovero, gli stenti e le brutalità che aveva sofferto; seduta sulla balla della mercanzia, colla schiena curva, le braccia abbandonate sulle ginocchia, ma gli occhi lucenti di contentezza adesso, e una gran gioia che le si spandeva infine sul viso sbattuto e scarno.
      - Sai, tanto tempo che ti volevo bene! Ti rammenti? quando s'andava tu ed io per l'erbe della minestra a Primosole? e l'isolotto che lasciava il fiume quando era magra? e quella notte che abbiamo dormito insieme dietro un muro, sulla strada di Francofonte?


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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