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      Il Zanno nel medicare il merciaiuolo andava predicando:
      - Coi villani ci vuole prudenza, don Tinu caro! ché son peggio delle bestie. Vetturali poi, Dio liberi!... -
      Ogni volta, quando gli capitava male, don Tinu si sfogava dopo col ragazzo, a calci e scapaccioni; tanto che agli strilli accorrevano l'oste e i viandanti, e il Zanno gli diceva:
      - Non gli dar retta, figliuol mio, perché il tuo padrone dev'essere ubriaco -.
      Il Zanno invece se voleva ubriacarsi si chiudeva nella sua stanzetta, faccia a faccia colla bottiglia. Non gridava, non picchiava nessuno, sempre con quel risolino furbo sulla faccia magra; e le donne venivano a cercarlo a casa sua di soppiatto, verso sera, imbacuccate sino al naso, e chiudeva a catenaccio. Tutto il giorno sempre allegro, a strappar denti senza dolore, vendere empiastri e intascar soldi. Nanni, allorché lo incontrava per le piazze, nelle bettole, andando di qua e di là per fiere e per paesi, gli ripeteva:
      - Vi rammentate, vossignoria, quando mi diceste se volevo venire con voi a fare il Zanno, quella volta che morì lo zio Carmine, allo stallatico del Biviere? -
      Il Zanno fingeva di non capire, perché non voleva aver questioni con don Tinu; ma infine, messo alle strette, si lasciò scappare:
      - Be', se il tuo padrone ti manda via, io non ci ho difficoltà a pigliarti con me -.
      Nanni se la legò al dito, e la prima volta che il merciaio si sciolse la cinghia per menargli la solfa addosso, gli disse brusco:
      - Don Tinu, lasciamo stare la cinghia, vossignoria, ché se no stavolta finisce male.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
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