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      “Le danze” giravano giravano “vorticose” in un gran polverìo, sotto la lumiera a petrolio, ed essi sembrano cento miglia lontani, proprio come nei romanzi, mezzo nascosti dietro la tenda all'uncinetto, lui col cappello sull'anca, e l'arco della mente teso per ogni parola che gli usciva di bocca; lei irradiata da quella prima lusinga che le veniva da un uomo, con una nuova dolcezza negli occhi, attraverso i ricciolini.
      - È un poema?
      - No, un romanzo.
      - Storico?
      - Oibò signorina! Per chi mi piglia? Sa il detto di quel tale: “Chi ci libererà dai Greci e dai Romani?...”
      - Genere Manzoni allora?
      - No, più moderno; stavo per dire più fine; certo più nervoso... tutta la nervosità del secolo in cui viviamo...
      - E il titolo? si può sapere almeno?
      - Lei sì! - Amore e morte!
      - Bello! bello! bello! Ci ha lavorato molto?
      - Saran quattr'anni circa.
      - Perché non lo fa stampare? -
      Il giovanotto alzò le spalle con un sorriso sdegnoso.
      - Peccato!
      Egli ebbe un lampo negli occhi, per la risposta che gli balenava in mente pronta e azzeccata; un lampo che illuse la poveretta:
      - Mi basta questa parola sua, guardi! -
      La Carolina avvampò di gioia; e chinò il capo, col petto che le scoppiava.
      - Che dice?... Io!... Che dice mai?... -
      L'altro gonfiandosi nel soprabito anche lui a quella prima lusinga che gli veniva da una donna, le lasciava cadere sul capo chino, dall'alto del suo colletto inamidato, la confidenza che il trionfo più ambito per uno scrittore è quello di una parola... una parola sola... d'encomio... d'incoraggiamento.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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