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      La luna dal finestrino baciava la parete dirimpetto, tacita. Al silenzio improvviso il maestro si desṭ.
      Angelo Monaco prese a frequentare la casa del maestro, attratto dalla simpatia che vi trovava, lusingato da quell'ammirazione fervida, da quell'amore timido e profondo di cui la sua vanità era riconoscente in modo da simulare alle volte un ricambio dello stesso sentimento.
      Carolina aspettava, felice, tutta piena di una vita nuova in mezzo alle solite modeste occupazioni, sorpresa da batticuori improvvisi, da dolcezze inesplicabili, per un nulla, per taluni avvenimenti consueti che prima non le avevano detto cosa alcuna, beandosi di uno sguardo, di un sorriso, di una parola, di una stretta di mano di lui, trepidante all'ora in cui egli soleva venire, commossa da una tenerezza ineffabile quando vedeva il raggio della luna sul finestrino, ogni quintadecima, al sentire la campana dell'avemaria, l'organetto che passava, la voce del fratello che pronunziava il suo nome, turbata solo da un imbarazzo insolito e da una nuova tenerezza per lui. Anch'egli le sembrava cambiato. Da qualche tempo la trattava con una dolcezza affettuosa e quasi triste, con un riserbo discreto e pietoso. Un giorno finalmente, al momento di uscire insieme ai ragazzi, col cappelluccio in testa e la mazzettina in mano, la chiaṃ in disparte, dietro la cortina rossa:
      - ... Sai, Carolina... Sta per ammogliarsi... No! senti! Coraggio, coraggio!... Guarda che io ho ĺ i ragazzi... Perdonami se ti ho fatto dispiacere!


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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