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      - Dammi retta, Peppino!... Poi quando non sarai più in tempo te ne pentirai!... -
      Egli si ostinava a scrollare il capo, lusingato internamente di poter rifiutare per la prima volta; senza notare l'espressione dolorosa che c'era nell'accento della povera zitellona.
      - No, non mi lascio pescare. Stai tranquilla. Amo troppo la mia libertà! -
      Ella provava un senso strano di simpatia, di commiserazione, e di rancore per quel fanciulletto esile e pallido che la dama bionda era venuta a cercare, e che supponeva fosse il complice innocente della loro tresca. Lo covava cogli occhi da lontano, nascosta dietro la tenda, quasi egli portasse alla scuola, nei sereni lineamenti infantili, un riflesso delle seduzioni tentatrici della mamma, inquieta se lo scolaretto mancava qualche volta, almanaccando tutto un romanzo domestico dai menomi atti del ragazzo inconsapevole. Se lo chiamava vicino, quando poteva farlo da solo a solo, lo accarezzava, lo interrogava, gli faceva qualche regaluccio insignificante, attratta e ripugnante nello stesso tempo della sua grazia infantile. Un giorno il fanciulletto, tutto contento, le disse:
      - Dopo le vacanze non vengo più a scuola -.
      Ella gli chiese il perché, balbettando.
      - La mamma dice che ora son grande. Andrò in collegio -.
      Così terminò anche quel romanzo. Ella ne sentì prima un gran sollievo; ma nello stesso tempo un dubbio, uno sconforto amaro, vedendo dileguarsi anche le ultime illusioni, che aveva collocate sul fratello.
     
      Il male che la rodeva da anni e anni la inchiodò infine nel letto.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Peppino