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      Nell'aula c'era poca gente, amici e parenti dell'ucciso, venuti per curiosità. La vedova, stralunata, si teneva sul viso il fazzoletto orlato di nero, e faceva frequentemente un gesto macchinale, come per ravviare le folte trecce allentate, colle mani bianche, levando in aria le braccia rotonde, con un moto che sollevava il seno materno, orgoglio della sua bella giovinezza vedovata. E fissava sitibonda sull'uccisore gli occhi arsi di lagrime.
      Costui non sapeva risponder altro che: - sissignore - a tutte le domande del presidente che gli stringevano il capestro alla gola, guardando inquieto i movimenti d'indignazione dei giurati, non avvezzi alla severa impassibilità della toga, con un'aria di bestia sospettosa. Incominciò la sfilata dei testimoni, tutti a carico. - Gli amici del morto, un buon diavolaccio, incapace di far male ad una mosca, - la vedova piangeva. - I vicini che l'avevano visto barcollare, come preso dal vino, e cadere balbettando: - Mamma mia! - Quelli che avevano gridato: - All'assassino! - Il coraggioso che aveva afferrato pel petto l'omicida, prima che giungessero le guardie, nella brusca e feroce lotta per lo scampo.
      - Giustizia! giustizia! - gridava nella folla la vedova, colla voce del sangue che chiedeva sangue, accompagnata dal piagnisteo degli orfani, inteneriti dalla solennità.
      Infine fu introdotto un testimonio sinistro, l'amante che quei due uomini si erano disputata a colpi di coltello: una creatura senza nome, senza età, quasi senza sesso, alta, nera, magra, mangiata dagli stenti e dal vizio, che solo le era rimasto vivo negli occhi arditi.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993