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      Carlo V offrì cavallerescamente la mano ad Elvira per montare sul palco malfermo, e lì, nella gran sala piena di fumo, il duetto incominciò. Ahimé! una vera delusione pel pubblico e pel Caffettiere. Madamigella Edvige aveva una voce stridente che faceva voltare arrabbiati anche i tranquilli lettori di giornali; e la poveretta, pallida come una morta, aveva un bell'annaspare colle mani, e dimenare i fianchi, rizzandosi sulla punta delle scarpette di raso troppo larghe, per acchiappare le note. Una voce, dal fondo della sala gridò: - Presto! un bicchier d'acqua! - E tutto l'uditorio scoppiò a ridere. Carlo V invece se la cavava magnificamente, avendo le signore dalla sua, pei suoi effetti di polpa, sotto le maglie di colore incerto, e le sue note alte che assordavano perfino i camerieri, e facevano tintinnare le gocciole delle lumiere. La debuttante scese dal palco più morta che viva, incespicando, colle sottane in mano, fra gli spintoni dei tavoleggianti che correvano di qua e di là, portando i vassoi in aria.
      Il dilettante di prima osservò pure:
      - Che piedi! -
      Seduta in un cantuccio della cucina, fra i lazzi degli sguatteri, e il fumo delle casseruole, la debuttante aspettava scorata la sua sentenza, ed anche la cena, ch'era compresa nell'onorario, alla tavola comune, insieme al cuoco, il baritono, i camerieri ed il maestro, ancora in cravatta bianca. Quest'ultimo, un gran buon diavolo, malgrado la sua barbona, cercava di confortarla come poteva: - La sala era tanto sorda! Chissà, una seconda volta, quando fosse stata più sicura dei suoi mezzi.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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