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      .. - La poveretta rispondeva di tanto in tanto con un'occhiata umile e riconoscente a quelle buone parole. Il baritono intanto, con un pastrano peloso gettato sul giustacuore di Carlo V, e un tovagliuolo al collo, divorava in silenzio. - Artisti bisogna nascere! - osservò infine a bocca piena.
      La padrona, chiuso il libro e spenti i lumi del Caffè, era scesa in cucina a dare un'occhiata. Alla povera ragazza, che aspettava col viso ansioso, disse bruscamente:
      - Cara mia, me ne dispiace, ma non ne facciamo nulla. Avete visto che fiasco? -
      L'altra rimaneva a capo chino, coi fiori di carta nei capelli, e le spalle infarinate. - Mangiate, mangiate pure! - ripigliava la padrona, una buona donna. - Che diamine! Non voglio che la gente vada via a pancia vuota da casa mia -. Il maestro, che pensava al poi, le spingeva il piatto sotto il naso. Ma la poveretta non aveva più fame; si sentiva la gola come stretta dai singhiozzi; andava riponendo adagio adagio nella borsetta i guanti lavati, i fiori di carta, e le scarpette di raso; senza però potersi risolvere ad andarsene. Due ragazzacci, che parlavano forse di tutt'altro, si misero a sghignazzare. Allora essa salutò umilmente tutti, e s'avviò.
      Sulla porta un cameriere in giubba stava spengendo i lumi, e staccava il cartellone del Concerto, canticchiando: - Gran successo del giorno! -
      Per la via buia e deserta da stringere il cuore, correvano le prime raffiche d'autunno. Il maestro, mosso a compassione, le era corso dietro.
      - Vuol essere accompagnata a casa?


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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