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      ... Senza complimenti.
      - No, grazie, sto lontano assai.
      - Diamine! diamine! Anch'io sono aspettato a casa... Ma non posso lasciarla andare sola come un cane... Vuol dire che affretteremo il passo.
      - Davvero... Non vorrei abusare.
      - No, no, spicciamoci piuttosto! Anche per me è tardi... Ci ha qualcuno che l'aspetti?
      - Nossignore, nessuno.
      - Almeno ci avrà qualche conoscente qui?
      - Neppure, signore; sono arrivata la settimana scorsa, con una lettera pel Caffè Nazionale: una corista, mia compagna che vi era stata questa primavera, mi disse che ci avrei trovato qualche cosa, non molto, è vero, ma nella stagione morta, sa bene... Laggiù, alla piazza, erano rimaste cinquanta persone sulla strada, dopo la fuga dell'impresario. Dicono che anche lui, poveraccio, ci abbia perso tutto il suo... -
      Il maestro pensava intanto a quei giorni terribili in cui una notizia simile era arrivata come un fulmine al Caffè, sulla faccia stravolta di un artista, e s'erano trovati tutti, raccolti dallo stesso terrore, davanti alla porta chiusa del teatro. Poi erano corsi in folla all'agenzia, come pazzi, in paese straniero, in mezzo a gente di cui non conoscevano la lingua, e che si fermava sorridendo al passaggio di quella turba affamata. E le lunghe ore dei giorni interminabili, passate al Caffè, il solo rifugio, con una tazza di birra dinanzi, le notti terribili d'inverno, le camicie portate tre settimane, il mozzicone di sigaro raccattato di nascosto. Sentiva perciò una grande simpatia per quell'altra derelitta, e le andava dicendo:


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





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