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      Gennaroni ripeteva: - Ditemi poi se questa è arte! Ditemi se non è vera porcheria! - Tutt'a un tratto si vide la gente affollarsi davanti al palco, intorno a un omettino in tuba il quale gesticolava colle mani in aria. La donna invece si ostinava, col viso sfacciato, cercando cogli occhi nella folla i suoi protettori. Un tale, vestito da operaio, coi baffi grossi e la faccia dura, si arrampicò sul tavolato in mezzo ai fischi che assordavano, e prese la cantante per le spalle, spingendola verso due questurini in uniforme che s'erano fatti largo a furia di spintoni, e agitavano le braccia. Il gruppo scomparve nella folla, verso la cucina, fra un uragano di fischi, d'urli e di risate. Il baritono si dimenava come un ossesso, smanacciando, gridando: - Bravo! bis! - poi corse a stringere la mano al maestro, ancora sbalordito dinanzi al pianoforte.
      - Che cagnara, eh! Ma la colpa non è tua, poveretto! Ci ho gusto per quella carogna della padrona, la quale pretendeva di averne le tasche piene di musica seria, lei e il suo pubblico. Come se non glielo avessimo fatto noi questo pubblico. E non le avessi fatto guadagnare più quattrini che non abbia capelli nella parrucca, quella strega! -
      Intanto si sbracciava per farsi scorgere, gesticolando, gridando forte, calcandosi ogni momento la tuba sull'orecchio, posando di tre quarti, col bavero della pelliccia rialzato sino alle orecchie, malgrado il gran caldo, e un fazzoletto di seta al collo, come avesse avuto un tesoro da custodirvi.
      - Dovresti farle intendere ragione, a quella stupida.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993