Alcuni dei vecchi mancavano: il tenore, un basso, rimorchiatovi da poco dal Silvani, e due o tre altri, di cui i rimasti dicevano corna. Attraverso l'usciale si udiva come un brontolìo sordo di rivoluzione nello stanzone vuoto, dove il Lupi beveva a piccoli sorsi un Caffè caldo, schizzando la testata di un giornale davanti al garzone in maniche di camicia che gli si buttava addosso per vedere, col ventre sul tavolino.
Assunta, rimasta a casa, stava facendo cuocere due uova in una caffettiera posata sullo scaldino, quando udì picchiare all'uscio, e le comparve dinanzi il maestro all'improvviso - così in camiciuola com'era e ancor spettinata. Egli pure era sossopra, talché non si avvide nemmeno dell'imbarazzo di lei.
- Lei!... Lei qui! Come ha saputo?... - Gennaroni stesso. Siamo stati insieme -. Ella avvampò in viso, cercando macchinalmente i bottoni della camiciuola. - Venivo a portarle una buona notizia... Un mio amico che è incaricato di formare una compagnia pel Cairo... m'ha promesso di scritturarla.
- Ma... Non saprei... così lontano...
- No, no, bisogna risolversi piuttosto... Bisogna accettare.
- È che... dovrei parlarne prima a un'altra persona... Non potrei risolvermi da sola... così su due piedi... -
Il maestro le afferrò le mani, quasi per forza:
- Bisogna accettare! Dica di sì... È pel suo meglio! -
Essa non l'aveva mai visto a quel mondo. Allora, colla gola stretta da un'angoscia vaga, si fece animo per interrogarlo... Voleva sapere... - Gennaroni partirà stasera col diretto.
| |
Silvani Lupi Caffè Cairo
|