Deve imbarcarsi a Genova domani, - disse infine il maestro. - Chi gliel'ha detto? - Lui stesso; lo sanno tutti -. La poveretta cercò una seggiola brancolando. - No! no!... Non può essere! Non mi ha detto nulla!... Stamattina ancora!... - Glielo dirà poi, quand'è il momento di partire... A che scopo tormentarla avanti tempo? - È vero! è vero!... -
Allora si mise a piangere cheta cheta nel grembiule. Poscia, quando fu un po' più calma, si asciugò gli occhi, senza dir nulla, e si mise a preparargli la valigia, un bauletto di cuoio nero tutto strappi e scontrini di ferrovia: le camicie di flanella, la scatola dei polsini, le pantofole slabbrate, la pipa nella quale egli soleva fumare, il berretto di pelo che teneva in casa, i costumi da teatro appesi ai chiodi - ogni oggetto che toglieva dal solito posto si sentiva staccare pure dal seno qualche cosa, dinanzi a quelle pareti nude. Il maestro l'aiutava. Gennaroni, tornando a casa, li trovò in quelle faccende. - Bravi! Bravi! Gliel'hai detto? - In fondo era davvero un buon diavolaccio, penetrato sino al cuore dalla dolcezza con cui Assunta s'era rassegnata.
- Così buona! così giudiziosa, povera ragazza! Tutto l'opposto del tuo carabiniere, eh! -
Egli voleva anche abbracciarla dinanzi al maestro, strizzava l'occhio a costui perché li lasciasse soli. Ma Assunta gli faceva segno di non andarsene, cogli occhi gonfi di lagrime. - Non l'avrebbe dimenticata, no, finch'era al mondo! Del resto le montagne sole non s'incontrano. Intanto dava una mano anche lui per aiutarla, correndole dietro dal cassettone al letto, su cui era il baule, colle braccia piene di roba; voleva che andassero tutti e tre insieme a desinare al Caffè, l'ultima volta, e finir la giornata bene.
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