Di lui le rimase un bel ritratto in fotografia, formato gabinetto, in posa di tre quarti, colla bocca sorridente, la pelliccia sbottonata, un mazzetto di ciondoli sul ventre - e la sua brava dedica sotto: “Ricordo imperituro!”.
In quanto alla scrittura non se ne fece nulla. L'impresario anzitutto, voleva belle ragazze e non dei cerotti come quella lì. - Le pare, caro maestro? - Il poveraccio non si diede vinto ancora; continuò ad arrabattarsi come un disperato per lei, correndo di qua e di là, raccomandandola a quanti conosceva. Ma ciascuno pensava ai propri casi in quel momento. Ora che Gennaroni aveva piantata la ragazza senza voce e senza quattrini, doveva essere un affar serio levarsi da quella pece, uno che vi si lasciasse prendere, per buon cuore o per altro.
Gli amici, quando essa capitava al Caffè per aspettare il maestro che doveva portare la risposta, se la battevano uno dopo l'altro, primo di tutti il Silvani, colla giacchetta più stretta che mai. Il garzone stesso, così prudente di solito, veniva ogni momento a strofinare il marmo del tavolino con un cencio, vedendo che non ordinava nulla. Fino il maestro, a poco a poco, scoraggiato di portarle sempre la stessa cattiva nuova, non si era fatto più vedere. Però essa gli aveva detto: - Non si affanni tanto, poveretto, ché qualcosa ho già trovato -.
E quando egli, facendosi rosso, era tornato sull'offerta di denaro, essa gli aveva risposto che non occorreva. A lui glielo avrebbe detto, davvero, di tutto cuore!
Una domenica, verso la fine di luglio, il maestro incontrò Assunta che usciva dalla bottega di un calzolaio.
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Ricordo Gennaroni Caffè Silvani Assunta
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