Essa avrebbe voluto evitarlo, ma l'altro già le si accostava col cappelluccio di paglia ritinto in mano. - Come va? Tanto tempo che non ci siamo più visti! - Assunta balbettava, cercando di nascondere un fagottino che portava, fattasi di brace in viso.
Il maestro cercava le parole anche lui: - Almeno un vermuttino. Qui a due passi, al solito Caffè!... - Essa non voleva, vestita a quel modo!... Infine si lasciò condurre a un tavolinetto fuori dell'uscio, all'ombra del tendone. Dapprincipio stettero un po' in silenzio, guardandosi in viso. Ella sembrava più grassa, disfatta, bianca come cera, con due enormi pèsche sotto gli occhi, e le mani pallide colle vene gonfie. Il giovanotto aveva la barba lunga, la biancheria sudicia, i calzoni sfrangiati che cercava di nascondere sotto il tavolino. A poco a poco Assunta gli narrò che s'era acconciata colla padrona stessa della casa; pensava alle spese, riguardava la biancheria, teneva d'occhio la pensione, e ci aveva in compenso vitto e alloggio.
Il tempo che avanzava poi s'era rimessa al suo mestiere d'orlatrice. - Con lei non mi vergogno, guardi! - Anche lui fece delle vaghe confidenze: le cose non gli erano andate sempre bene; la stagione morta si portava via quelle poche lezioni... - Accennò pure di aver cambiato alloggio... - Del resto i suoi abiti parlavano per lui. Assunta non volle altro che un caffè di quattro soldi. Egli invece ordinò un giornale, un giornale qualunque, tanto, seguitavano a discorrere con un senso invincibile di malinconia, che pure aveva la sua dolcezza.
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Caffè Assunta
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