- Dovete venire a cantare un'altra canzone alla mia innamorata, che sta qui vicino -.
Gli amici, al vedere la piega che pigliava il discorso, tornarono ad accostarsi, seri seri. Il Resca, che non aveva proprio voglia di attaccar briga lì, a quell'ora, guardò lo sconosciuto nel bianco degli occhi, sotto il lampione, e disse, masticando adagio le parole:
- Scusate amico. È tardi, e dobbiamo andarcene pei fatti nostri -.
L'altro però, senza darsi vinto:
- Una canzonetta breve; qui, a due passi -.
Il Resca si calcò il berretto sugli occhi, e chiese sottovoce, una voce singolare:
- Cos'è? per soperchieria?
- Siete in cinque... bella soperchieria!
- Dunque lasciateci andare in pace.
- Allora vi dico che non avete educazione -.
Il Resca fece un passo indietro, e afferrò vivamente la chitarra pel manico. Ma si frenò; e tornò a ripetere:
- Vi dico di lasciarmi andare pei fatti miei.
- Allora vi dico che non avete educazione! - ribatté l'altro, freddo freddo, e colle mani in tasca.
- Sangue di...! -
Il gruppo si scompose bruscamente, con un luccicare improvviso di coltelli. L'ometto ch'era saltato indietro, mettendosi colle spalle al muro, esclamò:
- Ssss! Sangue di...! La questura! -
Lì accanto c'era l'impalcatura di una casa in costruzione e in un batter d'occhio i coltelli sparirono dietro l'assito.
La pattuglia accostandosi, col passo cadenzato, addocchiò il crocchio.
- Siamo amici, - disse l'ometto, - che si faceva una serenata alle nostre innamorate, qui vicino.
- Il permesso ce l'avete?
- Il permesso eccolo qua, - rispose il Resca.
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Resca Resca Resca Resca
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