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      Essa però li rinvenne subito, e con un sasso, gli occhi lucenti, il seno che le scoppiava, le mani febbrili, si mise a raschiare da per tutto, sulla corteccia dell'olmo, le iniziali, i due cuori, la croce, tutto. Poi gli buttò le braccia al collo, a lui che stava a guardare con tanto di muso, e se la strinse al petto, furiosamente.
      - Mi credi ora? Mi credi ora? -
      Egli le credette allora, con quelle braccia annodate al collo, e quel seno che si gonfiava contro il suo petto. Ma dopo fu la stessa storia: ogni cosa gli dava ombra: se era allegra, se era malinconica, se cantava, se taceva, se si pettinava in un certo modo, e se non voleva confessare che quegli orecchini fossero un ricordo di quell'altro, se la vedeva dal portinaio, o se la incontrava vicino alla posta.
      Ogni carezza, ogni parola - delle parolacce amare, dei musi lunghi, delle risate ironiche, degli impeti di collera, dei voltafaccia bruschi di servitore che sputi villanie dietro le spalle dei padroni. - Con lui non dicevi così! Con quell'altro era un altro par di maniche! - No! no! te lo giuro! Non ci penso più! Tu solo adesso! Tu solo! - Poi gli arrivò a dire: - Non gli ho mai voluto bene!...
      - O allora? - rispose il servitore.
      E infine un giorno essa gli mostrò una carta; una carta che gli aveva portata nel petto, come una reliquia. - Guarda! Guarda! - Era il certificato di morte del suo artigliere, come glielo buttava in faccia a ogni momento Cesare. Il certificato di morte di Lajn Primo, soldato del V artiglieria, c'era il bollo e tutto, non vi mancava nulla; la povera donna glielo portava come un regalo, come un regalo del bene che aveva voluto e delle lacrime che aveva versate, come un regalo di tutta se stessa, della donna innamorata e sottomessa.


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Tutte le novelle
di Giovanni Verga
pagine 993

   





Cesare Lajn Primo